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Come ho imparato a disegnare

Aggiornamento: 9 set 2019



Suor Ines (RIP)

Fu grazie a Suor Ines. Sì, avete letto bene, una suora. Come molti di voi, anch'io ho frequentato una scuola materna cattolica, piena di suore autoritarie, ma in fin dei conti brave donne. E comunque, a tre anni non ti frega un cazzo che siano suore o laiche, ciò che conta è correre, ridere e disegnare. Ed era proprio ciò che si faceva, si correva, si rideva e si disegnava. Tuttavia, Suor Ines, notò qualcosa in me che nessuno aveva mai notato prima. Me lo spiegò molti anni più tardi, quando avevo suppergiù quindici anni: «Elia,» mi disse, «di solito i bambini disegnano le persone con braccia e gambe attaccate alla testa, mentre tu eri l'unico che disegnava anche il collo, le spalle e il torace. Inoltre, quando disegnavi le mani, aprivi la tua manina sinistra e la ricopiavi: disegnavi un ditino e poi lo richiudevi, ne disegnavi un altro e richiudevi pure quello, finché non finivi le dita, e a quel punto le mani che avevi disegnato avevano dieci dita. Non sette, non dodici, ma dieci. Lì per lì pensavo fosse un caso, ma poi ho visto che l'hai rifatto di nuovo, e poi ancora. Così ho voluto provare quell'esperimento».

Ed esperimento è proprio la parola giusta. Suor Ines osservava bambini tutto il giorno, da decenni non faceva altro che questo. Perciò sapeva distinguere chi spiccava in un talento e chi in un altro. Fatto sta che un giorno, mentre eravamo tutti in classe, la suora mi sequestrò fogli e i pennarelli, sbattendomi sul banco un grosso libro sacro. E che cavolo me ne dovrei fare di questo, pensai fra me, devo ancora imparare a leggere. Suor Ines aprì il tomo e subito apparvero i dipinti stampati a tutta pagina. Gli altri bambini si avvicinarono incuriositi, ma la suora li ricacciò al proprio posto, zitti e mosca. Poi infilò una mano nella sua valigetta e sfilò un foglio di carta velina, che porse sull'immagine di Gesù ferito e agonizzante mentre trascinava la croce. Pensai che c'era qualcosa di strano in quel foglio, ci vedevo attraverso. La suora impugnò una matita e cominciò a ricalcare il figlio di Dio. Non capivo cosa stesse facendo, né dove volesse andare a parare. Dopo qualche minuto imbambolato a guardare quella mano piena di rughe disegnare segni invisibili, Suor Ines scostò il foglio e lo alzò alla luce. Incredibile, l'aveva fatto uguale! Lo sapevo, pensai, Suor Ines è una maga! A quel punto, la suora sfilò un altro foglio di velina, mi porse la matita e mi invitò a provarci, o meglio, mi obbligò. Ok, proviamoci. Ricalcai lo stesso Cristo agonizzante, proprio come avevo appena visto fare da lei, ma alzai al cielo il foglio quasi subito, perché non vedevo l'ora di scoprire se anche il mio ci somigliasse. Era stupendo, identico! Questo foglio era magico. Detta così, sembra una boiata, ma non è scontato che un bambino di tre anni sappia cosa sia un foglio di carta velina, né tantomeno che sappia ricalcare. Sicché, ogni mattina non vedevo l'ora di andare in classe da Suor Ines, e ogni pomeriggio strillavo perché non me ne volevo andare. Nel giro di un mese (credo), giorno dopo giorno, ricalcai tutte le illustrazioni del gigantesco libro sacro. Guerre, lame che squarciano ventri, teste mozzate, supplizi, carestie, crocifissioni... La Sacra Bibbia fu il mio primo approccio con lo splatter. Ma è la Bibbia, perciò va bene.


Elia piccolo

Comunque sia, questa cosa riguardava solo me, gli altri bambini non potevano nemmeno avvicinarsi mentre ricalcavo. Tuttavia, un bel giorno tutto questo finì. Quella mattina entrai in classe, ma Suor Ines non mi aveva fatto trovare il mio "mega libro horror" con i fogli di carta velina. Forse mi darà un altro libro, pensai, speriamo sia ancora più truce! Ma le cose andarono diversamente: «Adesso disegni di nuovo Gesù che porta la croce!», mi ordinò, «Ma stavolta senza ricalcare, lo devi fare a memoria». Che cazzo dice, pensai, si è bevuta il cervello? I miei compagni se la ridevano, mi stava bene, privilegiato che non ero altro. Sotto i miei occhi, un foglio bianco e le matite colorate. Odiavo le matite colorate. Anche oggi le odio. Sporcano e bisognava fargli la punta ogni tre per due. Cheppalle! Ma non avevo alternative, le suore non scherzano. Così, presi a disegnare, seppur controvoglia. Eppure, senza nemmeno pensarci, contro ogni legge della fisica, stavo disegnando Gesù che trascinava la croce, non dico come se lo ricalcassi, ma quasi... Il naso, la bocca, i capelli, la corona di spine, il collo, le braccia, il torace, i muscoli, le gambe, i piedi, le ferite, c'era tutto. Ripeto, non era disegnato bene, era pur sempre il disegno di un bambino di tre anni, ma sembrava fatto da uno di dodici. Ero esterrefatto! Suor Ines pianse dalla commozione. I miei compagni si stupirono in coro: «oooooh». Mi spiace non poter pubblicare nemmeno un disegno, ma un giorno, durante le medie (periodo più orribile della mia vita), in preda a una classica depressione pre-adolescenziale, accatastai tutti i miei disegni in giardino e gli diedi fuoco. Mia madre rincasò dal lavoro che stavano bruciando gli ultimi residui. Cercò disperatamente di salvare il salvabile, ma ormai era troppo tardi. Ricordo bene il suo volto, in lacrime, mentre mi chiede perché l'ho fatto, ma non ricordo cosa risposi, forse me ne scappai via. Ero un ragazzino, andavo alle medie, odiavo tutti e che cazzo ne so.

Ma torniamo a Elia bambino. Un bambino, si sa, è una spugna. Assimila informazioni come un harddisk appena formattato. E grazie "all'esperimento" di Suor Ines, nel giro di un mese, il piccolo Elia aveva assimilato l'anatomia umana e le sue proporzioni. Adesso però, toccava mettere in pratica le mie nuove abilità con Kenshiro, He-Man e L'Uomo Ragno. Nel frattempo, iniziavano tutti ad accorgersi del mio talento innato, sbocciato grazie all'intuizione di una suora che non smetterò mai di ringraziare. Sia chiaro, i miei genitori non sono stati da meno, ma loro non vedevano centinaia di disegni di bambini la settimana, mentre Suor Ines sì, poteva fare confronti, e quindi accorgersi di potenziali anomalie nel sistema... Mio padre ha sempre alimentato la mia mano riempiendomi di album da disegno, pennarelli e matite, anche se le odiavo. Mia madre non si è mai preoccupata nel vedere tonnellate di disegni pieni di zombie, licantropi, vampiri e demoni fatti a fette da cavalieri grossi come Schwarzenegger ai tempi d'oro, nemmeno quando qualcuno le faceva notare che quei disegni non erano esattamente quelli che ci si aspetta da un bambino. «È solo perché sono disegnati bene», rispondeva lei, «tuo figlio disegna le stesse cose, solo che non si capisce un'ostia!». Grande mamma, you rock! E poi, finché disegnavo, ero felice, e questo le bastava.

E niente, questo è tutto. Se ci credete, bene, perché è la verità; se non ci credete, chissenefrega, rimane comunque la verità.


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